Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 10 giugno 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Morto un bambino di 7 anni curato con l’omeopatia per un’otite batterica guaribile con antibiotici. L’omeopata, al quale i genitori si erano rivolti già per un altro figlio, ha continuato a somministrare al bambino rimedi omeopatici, sostenendo che i farmaci della medicina scientifica “lo avrebbero fatto diventare sordo o indotto in coma epatico” (La Stampa), mentre l’infezione batterica, facilmente guaribile con comuni antibiotici, peggiorava sempre più fino a formare un ascesso, successivamente propagato in una seconda raccolta ascessuale nel cervello. Intanto, trascorrono 15 giorni (La Repubblica), il bambino è dolente e sempre più grave, ma i genitori continuano ad avere una fiducia cieca nel guaritore omeopatico. La pediatra di famiglia dice di non essere mai stata interpellata per l’otite dai genitori e di averli visti poco da quando il figlio maggiore aveva tre anni e loro si sono rivolti per la prima volta all’omeopata (La Repubblica).

Sembra si sia trattato di una comune infezione da stafilococco aureo, che da oltre mezzo secolo si cura senza particolari problemi. I genitori hanno aspettato che il bambino andasse in coma. Arrivato in condizioni disperate all’Ospedale di Pesaro il 24 maggio, è stato trasferito al “Salesi” di Ancona. Il dottor Fabio Santelli, direttore del reparto di Anestesiologia e Rianimazione del Salesi, ha dichiarato: “La situazione era già di coma importante. Si è fatto un tentativo di aspirazione dell’ascesso e di riduzione dell’ipertensione endocranica”, ma il pus “dall’orecchio era arrivato al cervello, e l’infezione era troppo estesa” (La Stampa). Quando il bollettino medico ha dichiarato la morte di Francesco – così si chiamava il bambino – i genitori hanno autorizzato l’espianto degli organi.

I membri della nostra società scientifica sono addolorati e sconvolti per una morte così assurda e non possono non condannare tutti coloro che hanno ostacolato la diffusione della verità sull’omeopatia e sul business internazionale che la sostiene.

Il nostro saggio “Il caso Benveniste” su una truffa ordita dagli omeopati, per millantare un fondamento scientifico per le loro “diluizioni”, ed ingegnosamente sventata per iniziativa dello stesso direttore della rivista Nature, era ancora oggetto di interesse e discussione sul web quando Piero Angela fu trascinato in tribunale dagli omeopati per aver “osato” dire, con prudenza, equilibrio e stile, la verità scientifica sull’omeopatia. Piero Angela fu assolto, e la sentenza scritta dal Giudice Cinzia Sgrò suonava come un atto di accusa in cui l’omeopatia veniva definita dal magistrato una “medicina delle emozioni”. Opportunamente l’editoriale di “Le Scienze” (edizione italiana di Scientific American) titolava: “Assolto Piero Angela, condannata l’omeopatia”.

Si dovrebbe poter insegnare nelle scuole che i rimedi omeopatici si basano sull’effetto placebo e non svolgono alcuna azione farmacologica. Si dice farmaco, infatti, la dose di una sostanza in grado di produrre una o più variazioni misurabili in un organismo vivente. Nonostante centinaia di esperimenti in innumerevoli laboratori in tutto il mondo, nessuno è mai riuscito a rilevare e misurare una variazione prodotta da un rimedio omeopatico. Per questo motivo in Italia, come già in altri paesi, è stato proibito per legge l’uso a sproposito del termine “farmaco” per indicare i prodotti della fiorente industria omeopatica: si deve rigorosamente definirli “rimedi”, altrimenti si viola una precisa norma e si incorre nelle giuste sanzioni.

Una persona adulta può scegliere di impiegare l’effetto placebo per curarsi, a proprio rischio e pericolo, ma se sa veramente in cosa consistano i rimedi omeopatici certamente non si comporta come i genitori di Francesco, un piccolo angelo ucciso dall’ignoranza e anche dalla vigliaccheria di chi, temendo i poteri forti che sostengono l’omeopatia (finanziata anche dai reali d’Inghilterra), gli avvocati delle associazioni degli omeopati e tutti coloro che si fanno paladini degli interessi di questa pratica sottoculturale, ha impedito che i principi della scienza applicati alla medicina venissero insegnati nelle scuole in quanto tali, illustrando con chiari esempi cosa sia scientifico e cosa non lo sia. Ricordiamo di passaggio che in un liceo della Lombardia dove una professoressa di scienze propose la lettura del nostro articolo in classe, il preside immediatamente dispose che una omeopata andasse a far lezione, indottrinando la scolaresca con tesi fondate su assunti prescientifici del tutto anacronistici. Siamo a questo punto: tutta la scienza, con i principi del metodo galileiano, con le miriadi di esperimenti nelle migliaia di laboratori e l’indefinita serie di scoperte scientifiche, messa sullo stesso piano di una pratica stregonesca rivestita di ingannevoli forme moderne, che ha la forza dei grandi capitali che la sostengono e il merito di aver fatto arricchire molte persone.

 

Scoperto fenotipo femminile specifico per il trasportatore dello zinco ZnT3. In alcuni neuroni lo zinco è caricato nelle vescicole sinaptiche ad opera del trasportatore ZnT3 e rilasciato nella fessura sinaptica dove può modulare la funzione neuronica. In passato è stato studiato il deficit funzionale di ZnT3 in topi knockout indipendentemente dal sesso. Ora Thackray e colleghi hanno specificamente studiato il deficit nel sesso femminile, ottenendo risultati sorprendenti. Questo studio è in assoluto il primo a dimostrare un fenotipo comportamentale specifico delle femmine ZnT3 KO di topo. A differenza dei maschi KO, le femmine non mostrano difetti di apprendimento spaziale e della paura, mentre fanno rilevare anomalie nella locomozione e negli apprendimenti motori acquisiti. [Cfr. Thackray S. E., et al. Behav Brain Res. 321: 36-49, 2017].

 

Fenotipo ansioso causato dal difetto di neurosteroidi durante lo sviluppo uterino. Gli effetti protettivi contro i disturbi d’ansia e depressivi dei neurosteroidi e degli androgeni sono argomento di grande attualità della ricerca. Cumberland e colleghi hanno accertato in femmine di cavia esposte a deficit di allopregnanolone in utero lo sviluppo di un fenotipo vulnerabile allo stress, con risposte neofobiche al cambiamento di ambiente. I risultati dello studio dimostrano che la riduzione dei tassi fisiologici di allopregnanolone in gravidanza programma la vulnerabilità della prole di sesso femminile ai disturbi dello spettro dell’ansia in età giovanile, senza influire sulle concentrazioni a lungo termine dell’allopregnanolone. [Cumberland A. L., et al. Int J Dev Neurosci. 58, 50-58, 2017].

 

Le cellule del gusto per l’acido sono anche rilevatori d’acqua nel cavo orale. Zocchi e colleghi hanno scoperto che nel sistema delle cellule recettrici del gusto nei mammiferi, le cellule conosciute come rilevatrici del sapore acido mediano anche risposte all’H2O. L’attivazione optogenetica di questa popolazione cellulare in topi assetati ha indotto una forte risposta, consistente nel comportamento del bere in assenza di acqua. L’insieme della sperimentazione ha convincentemente dimostrato che le TRC sensibili all’acido contribuiscono al rilievo di acqua nel cavo orale [Zocchi D., et al. Nature Reviews Neuroscience AOP doi: 10.1038/nn.4575, 2017].

 

I porcellini sono interessati alla novità con comportamento diverso per sesso ed età. Di recente si è affermato l’impiego dei piccoli di maiale come modello dello sviluppo neurocognitivo dei mammiferi, soprattutto per la notevole trasferibilità dei dati alla realtà umana. Impiegando il paradigma della preferenza per la novità, che in precedenza non aveva dato risultati omogenei, Fleming e Dilger hanno stabilito che i porcellini sono in grado di eseguire prove di riconoscimento e localizzazione di nuovi oggetti a 3-4 settimane di età, rilevando differenze dipendenti da sesso, età e durata dell’intervallo precedente l’esecuzione. [Behav Brain Res. 321: 50-60, 2017].

 

Notule

BM&L-10 giugno 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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